9 settembre 2005

In volo verso Hong Kong

Sull'aereo il mio posto oltre che di corridoio è immediatamente dietro alla fila di poltrone dell'uscita di sicurezza, peraltro vuote, la hostess, vista la mia statura, mi offre di sedermi nella agognata poltrona dove distendere le gambe come fossi nel salotto di casa mia: questa sì che è gentilezza e buon senso anglosassone (anche se la hostess della Qantas era di origini italiane).

Già qualche ora dopo il decollo, non sono ancora le 18 italiane, ci stiamo tuffando nel buio della notte durante la quale attraverseremo tutta l'Asia da ovest a est scendendo piano piano fino ad Hong Kong. Per la cronaca stiamo viaggiando su un enorme e pesante blocco di metallo modello Boeing 747-400 lanciato alla velocità di 950 km/h grazie alla combustione di una viscosa sostanza derivata dalla putrefazione di miliardi di esserini viventi poco più complessi di amebe morti milioni di anni fa, sospesi a 8.058 metri sopra l'Asia continentale lontani 3.524 km da Londra mentre la temperatura esterna è di -48°. La prima località evidenziata sul pannello LCD della mia poltrona ha il nome per me sconosciuto di Yekaterinburg (in realtà tornato a casa apprendo dalla Wikipedia che significa, come intuibile, 'città di Caterina' ed è una importante città - anche dal punto di vista storico - della Russia centrale con un milione e duecentomila abitanti), poi Astrakhan e via via nomi sempre più esotici e impronunciabili man mano che ci allontaniamo dal Mar Caspio. L'Asia è immensa. Le luci all'interno dell'aereo sono spente, qualche passeggero russa, prima di addormentarmi anche io cambio sul canale sportivo dove stanno intervistando Paul Kayard.

Buona notte.

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